Pubblicato in: Arte, Cultura, Letteratura, Linguaggio, Poesia, Racconti

Un mio racconto: “Se una notte d’estate, una ragazza…”

Rubo un pizzico di fantasia a Italo Calvino, ma solo per comporre il titolo di una storia bellissima che potrebbe capitare a chiunque tenga viva la propria speranza-certezza di poter vivere, o rivivere, quella magia chiamata amore, che è rapporto profondo con la bellezza di un altro essere umano

“Se una notte d’estate, una ragazza …”. Un mio racconto del 2004.

 
Un giovane artista aveva lavorato tutto il giorno ed ora, verso sera, cominciava a sentire un po’ di stanchezza, ma solo nel fisico, e non nella voglia di disegnare e dipingere ancora.

Così decise di mangiare qualche frutto e di fumare una sigaretta, tanto poi, si conosceva, avrebbe ricominciato a lavorare, tirando fino a notte fonda, con la stessa tenacia di un cercatore d’oro che, nell’inseparabile padella, rivolta tutta l’acqua limpida del fiume, cercando e spesso trovando, la materializzazione di un raggio di sole: la pepita.
Già, ma qual era la materializzazione che lui cercava in quella estate appena iniziata?
Inevitabilmente stava pensando a una donna, a un’immagine nuova, diversa da tutte le altre.
Il frutto che aveva cominciato a mangiare era finito subito lasciandogli una sensazione di insoddisfazione …
Guardò la coppa ricolma di frutta posata sul tavolo, tra i pennelli e pensò:
.“Natura morta tra i colori” . Ma era un pensiero stupido perché, in effetti, era lui che si sentiva un po’ come morto ...
Prese un altro frutto sperando di saziare quella strana fame che fame non era, ma non fu così; masticò un altro boccone e si sedette soprappensiero, accarezzando la matita sanguigna che aveva appoggiato momentaneamente sull’orecchio.
Mancava qualcosa e non era certo fame, anche se non aveva toccato cibo tutto il giorno, e neanche la frutta che riempiva la stanza con il suo fresco profumo d’albero lo attirava più.
Cercava qualcosa…
In effetti aveva trascorso la giornata a ritoccare altre tele, ad abbozzare qualche disegno; aveva persino riordinato il tavolo dei colori per far passare presto il tempo, ma non veniva fuori niente.
Nessuna idea, nessuna immagine; le mani rimanevano tese ma inutili.
Riavviandosi i capelli spettinati ritrovò la matita che aveva appoggiato sull’orecchio e non sapendo fare altro, cercò le sigarette tra i tubi di colori ed i pennelli inerti, se ne accese una ed aspirò la prima boccata sulla porta del giardino, guardando lontano


Mille stelle emergevano dalla semioscurità.
La luce soft della bella lampada accesa in un angolo della stanza, creava un tuttuno con la luce della luna, ancora bassa e pallida in un angolo del cielo. Calava inevitabilmente la sera, ma lui non amava la tranquillità, la pace non l’aveva mai molto nutrito ma, piuttosto infastidito, come un’orticaria incipiente che rende nervosi.
Finì di fumare, tornò dentro e … la vide!
Rimase qualche secondo sulla porta del giardino, meravigliato, ma si guardò bene dal chiederle da dove era venuta, anche perché la porta della sua casa era sempre aperta. La ragazza era seduta su un alto sgabello dove anche lui, spesso, si sedeva quando lavorava, e proprio davanti ad una delle grandi tele bianche che erano disseminate qua e là nella stanza.
Il suo sguardo luminoso l’aveva seguito per qualche attimo quando lui, entrando, si era messo a sedere pianissimo, lasciandosi quasi scivolare nella poltrona accanto alla lampada, proprio di fronte a lei.
Un vestito di stoffa sottile le velava le gambe accavallate mentre, con molta calma, sfogliava uno dei tanti album da disegno accumulati sul tavolo. Attaccato, in un punto della scollatura, aveva un bellissimo cammeo.

Il viso, reclinato leggermente in avanti per la lettura, era semicoperto da lunghi capelli che, liberi, scendevano dalla fronte fino al petto come sottili fili splendenti …
La ragazza, estremamente nuova, era seduta davanti a lui.
In un attimo realizzò che era un’immagine bellissima; prese i pennelli e, con la mano che era tornata a vivere e che sembrava volare sulla tela, ne tracciò l’immagine e il profilo …


.
Tutto si svolse in un tempo indefinibile

Quanto tempo era trascorso lui non lo ricordava e, in fondo poi, non aveva nessuna importanza.
Si girò a guardarla, con gli occhi ancora pieni di lei, ma … la ragazza non c’era.
Scomparsa!
Non c’era più.
Disperato volò quasi in giardino, cercò sotto gli alberi, guardò fino in fondo al vialetto che già sfumava nel buio della notte …
Silenzio...
Il silenzio e i grilli: il loro verso leggero accompagnava il ricordo dell’accaduto.
La ragazza non c’era più; era sparita in un attimo nel buio lattiginoso della notte, complice silenziosa, la luna bellissima, ormai alta nel cielo.
Pensava a lei come ad una stella cadente che, prima di scomparire, lascia nell’aria blu della notte, una sottile traccia d’oro …
Il martellio delle vene nella testa e nel petto, forte come un tam-tam improvviso, si stava attenuando lentamente. Si bagnò il viso nella fontana del vialetto poi, lentamente, si avviò verso casa.
Non era stato un sogno, tanto meno era diventato pazzo. Lui, la ragazza l’aveva vista e non l’avrebbe mai più dimenticata.
Non si chiese né come né  perché gli era capitata quella cosa, né da dove fosse venuta quella splendida immagine...
Non volle chiedersi più nulla, non ne aveva la forza e i ragionamenti, in questo caso, non servivano a niente.
Trovò il coraggio di guardare ancora il dipinto sulla tela che la luce soft della lampada rendeva ancora più bello e vivo; seguì con lo sguardo le lunghe linee sottili e le pennellate veloci con le quali aveva cercato di fissare per sempre sulla tela un’immagine bellissima e pensò che, se gli era successo una volta, sicuramente gli sarebbe successo ancora: la ragazza sarebbe tornata o, forse, l’avrebbe nuovamente incontrata…

Ma ormai era assurdo dormire in una notte così!
Guardando il giardino verso l’orizzonte, si accorse dal colore del cielo che l’alba era vicina.
Aveva ancora tutta la storia dentro di sé e, la paura che gli faceva pensare:”Domani tutto ciò sarà un ricordo lontano, dopodomani l’avrò già dimenticata..” , lasciava posto a qualcosa di diverso e sconosciuto.
Si volse a guardare ancora la tela … L’immagine era bellissima, sembrava respirare per i fatti propri e riempiva la stanza e la vita del giovane artista.
Prima di spegnere la luce della lampada ormai sbiadita e inutile, si chinò a raccogliere alcuni pennelli caduti per terra, maledicendo il vizio di lasciare la porta perennemente aperta. Avrebbe dovuto chiuderla col chiavistello, forse lei sarebbe ancora lì
Avrebbe dovuto dirle subito :

“Ti amo !”,

forse lei sarebbe rimasta.
Forse, forse … ma ormai era successo.

Raccolse da terra anche il grosso album da disegno; si mise a sfogliarlo quasi per inerzia, per distrarsi da tutto ciò che era successo, ma senza riuscirci. Nelle pagine erano disegnate immagini di donne: a volte il tratto sicuro della linea faceva emergere un profilo netto e bellissimo, come da un’oscurità, a volte invece, un tratto morbido stemperava sulla carta una filigrana di linee sottili che componevano immagini rare, simili a quella rimasta sulla tela.

Ma, forse, questa volta aveva sbagliato … Quell’immagine di donna era qualcosa di non descrivibile in un sempice riquadro di stoffa
Continuava però a guardare l’immagine dipinta, e ogni volta gli sembrava più bella.
I suoi pensieri un po’ maligni (aveva pensato anche ad una crisi di gelosia che aveva colto la ragazza quando aveva visto nell’album altre immagini di donne) e un po’ tristi finirono lì, perché, alla luce ancora incerta del mattino aveva scoperto, nascosto tra gli ultimi fogli ancora bianchi, il bellissimo cammeo.
Lo prese, lo appoggiò sul palmo della mano, guardandolo chissà per quanto tempo; pensò di aver incontrato una ninfa leggera dei boschi, perché la sua casa era immersa nel verde; pensò mille cose bellissime con la mano che gli tremava dall’emozione, poi, accostando come al solito la porta, uscì.
Guardava la distesa verde che aveva davanti a se e che la luce del primo mattino rendeva ancora più bella e aprì lo sportello dell’auto ma, poi ci ripensò e non mise più in moto; in fondo gli sembrava una fuga cercare immediatamente qualcuno, un amico, e tornare ad immergersi nel caldo afoso della città.
Richiuse la macchina e si avviò in mezzo al verde, tra gli alberi.
Passò davanti ad una ragazza che, arrampicata su un albero, raccoglieva la frutta; lei gli disse qualcosa ma, ancora preso com’era dalla tutta la storia, non rispose neanche … poi, però, quella domanda fatta con voce armoniosa, lo fece tornare indietro …

“Mi scusi, ero soprappensiero, mi ha chiesto … qual … ?”

La parola gli morì sulle labbra perché fu quasi certo di aver riconosciuto nel bel viso che lo guardava, la ragazza della sera precedente e che credeva di aver perduto o, almeno, era quasi sicuro che fosse lei, ma non parlò, non disse niente. La ragazza continuava a sorridergli e a porgergli qualcosa …
L’emozione gli era arrivata alle stelle, come un ragazzetto alla prima cotta; disse qualche parola di scusa poi entrò in casa dandosi dello stupido e, in effetti, non sapeva cosa fare.
Era una storia diversa ...
Cercò una sigaretta, l’accese e poi, dopo un attimo la spense, per accendersene un’altra qualche secondo dopo.
La porta alle sue spalle si aprì piano.
Qualcuno gli metteva sul tavolo un cesto di frutta fresca.
Si voltò e … vide la ragazza.

Per qualche attimo di eterno incanto, lui le guardò il bellissimo viso che, alla luce del giorno, sembrava ancora più luminoso e più nuovo anche di quello incontrato qualche attimo prima sotto gli alberi da frutta.
Era sempre lei la donna sconosciuta, o era un’altra?
Di quell’immagine di sogno dal volto reclinato e dai capelli di luce che l’aveva fatto innamorare la notte precedente, rimaneva  un’immagine bellissima sulla tela, ma era un’immagine che non mostrava chiaramente i particolari del volto o del corpo.
La ragazza che aveva di fronte lo guardava come se fosse la prima volta e lui scoprì, alla luce calda della stanza, il suo sguardo profondo … poi si ricordò che non aveva chiuso occhio tutta la notte e che doveva avere un aspetto assonnato; toccandosi i capelli li sentì più spettinati che mai, poi, guardando il cesto della frutta che lei aveva posato sul tavolo, un dubbio gli si insinuò nella mente; si accorse che tutta la casa era piena di cesti, di vassoi, di canestri con tanta frutta che non aveva certo raccolto lui, e che aveva mangiato senza chiedersi come mai erano lì, da dove venivano, chi glieli aveva portati in casa …
Gli fu tutto chiaro ma … si accorse che ogni volta che rientrava nel vortice dei suoi pensieri, la ragazza scompariva.
Ed anche questa volta si era dileguata …

Corse fuori, sotto gli alberi, chiese a qualcuno ma gli fu risposto con allegra ironia, che di ragazze belle, dai capelli splendenti, è pieno il mondo.
Le giornate si stavano rivelando un po’ movimentate, ma era felice di tutto ciò, perché non gli era mai successo di vivere una storia così.
Si distese sotto un albero, non sapeva cosa fare; un’immagine bellissima l’aveva preso ma, poi, vinto dalla stanchezza, si addormentò.
Mille colori e immagini invasero i suoi sogni …
Poi una voce allegra vicino a lui lo svegliò; si scostò dagli occhi la falda del cappello e vide la bellissima colpevole; la guardò negli occhi che sembravano aver rubato tutta la luce al pomeriggio …
Era sempre lei? … Era ancora un’altra?
Non gli importava più di saperlo.
La sentì di nuovo agile come una gazzella pronta allo scatto ma, prima ancora che lei potesse 
fare l’ennesimo balzo e scomparire, la prese al volo e la baciò .

.

(Copyright)Racconto di @Rosalba De Cesare, Roma, 2013. Questo racconto ha partecipato al concorso letterario, istituito dal “Laboratorio Gutenberg” di Roma, nel 2004/05.

<<<<

Alcune riflessioni dopo 13 anni dalla pubblicazione del racconto. Roma 2013:

“…Alcune sere, tornando a casa, mi succedeva di rimanere sveglia per un po’, non per i problemi che più o meno abbiamo tutti, ma per la bellezza di molte immagini che mi invadevano la mente e il cuore, e così, ho preso la penna e la mano è partita da sola …

Questo pensavo quando ho scritto il racconto (2003/04) e questo penso ancora oggi. L’ho tirato fuori dal cassetto, perché, a distanza di 13 anni, le immagini raccontate sono, per me, ancora molto belle. Sono come perle trovate per caso che però, in realtà, mi sono state regalate.

<<<

Roma, settembre 2023:

…e questo penso ancora oggi …

@r.d.c (tutti i diritti sono riservati )

Condivido il mio racconto dal blog amico “I giorni e le notti.Diario polifonico” che me lo aveva pubblicato per primo nel 2013, e che ringrazio ancora.

Autore:

Viaggio tra suoni, immagini e parole che trasmettono il senso della vita e degli esseri umani.